Finalmente a casa

Dopo aver liberato i piedi dalle scarpe nuove, il professore si buttò sul suo divano preferito che ormai, dopo tanti tuffi, aveva preso la forma di una patatina Pringle. Fatti diversi contorcimenti, come se si volesse liberare dalle corde, finalmente mise la schiena a riposo intorno a quello che soleva definire ai suoi intimi il più comodo punto di sella mai studiato. Era così, col soprabito ancora addosso, che gli piaceva aspettare l’adunanza della cena con la moglie Daniela e le due figlie più piccole, Giada e Silvana; Marzia era già a spasso per il mondo. Guardò l’orologio: gli restavano tre ore piene di elucubrazioni che aveva pianificato di dedicare, in parti uguali, ad un nuovo abstract sui sistemi dinamici di tipo caotico e agli eventi sincronici della sua vita, a cui pensava sempre più spesso, a cominciare dal modo in cui conobbe Daniela circa trent’anni prima. Entrambi novelli studenti universitari fuorisede, presero il bus sbagliato sulla base di indicazioni sbagliate per poi tornare, dopo quasi un’ora, nel punto di partenza e prendere insieme quello giusto per la medesima destinazione. “Non era forse questa la prova che non tutto si può spiegare con il rigido determinismo?”, pensò, “Poi, che dire di quello strano numero telefonico?” e cercò di ricordare il passaggio che stava sviluppando alla lavagna nel momento della misteriosa chiamata.

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