
Francesco si sentiva come miracolato quel pomeriggio di piovaschi. Aveva la sensazione che la sua bici, una mountain bike Atala Planet del 2004, nel fare centinaia di chilometri di strade provinciali e carrarecce lungo tutto lo stivale, avesse sviluppato il superpotere di schivare la pioggia. Sentiva gli scrosci iniziare alle sue spalle e li vedeva sfumare in una nebbiolina a pochi metri dalla sua ruota anteriore. Tutt’intorno l’afa. L’umidità si scioglieva nel sudore della sua pelle e sulle manopole, rendendole appiccicaticce. Pedalava in salita direzione passo Godi e annusava uno strano profumo di liquirizia, che, da aerofobo qual era, pensava fosse dovuto a qualche essenza nociva trasudata dall’asfalto, prima surriscaldato a più di 30 gradi e poi di botto raffreddato dalla pioggia di montagna. “Addio salubrità dell’aria del Parco”, si rammaricò. Invece era semplicemente l’odore della terra bagnata mista alle resine. Era partito dal centro di Sulmona il giorno del solstizio d’estate, conferendo così maggiore solennità all’evento, per affrontare l’ennesima sfida ciclistica: percorrere per intero la regionale 479 Sannite. Come era sua abitudine, aveva programmato le tappe, che questa volta però erano soltanto due: Sulmona - Scanno e Scanno - Villetta Barrea, per arrivare nel luogo di villeggiatura dell’orso marsicano. In realtà la meta era solo un pretesto, il vero motivo che lo aveva sempre spinto a viaggiare era il bisogno di fare incetta di volti, specie quelli belli e femminili. Gli accadeva, sin da piccolo, di fissare indelebilmente nella memoria anche le facce dei passanti che poi riusciva a richiamare nei sogni e con i quali poteva decidere se avere nella sua variopinta vita onirica delle vere e proprie storie. Francesco Vinci si potrebbe così definire un cacciatore seriale di primi piani.